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Ele

Chicken berry pulao, riso Indo-Parsi al pollo

29 Giugno 2020 by Ele 9 Comments

Mi mancava moltissimo, il Chicken Berry Pulao.
Uno dei miei piatti preferiti mangiati durante i quattro anni a New Delhi, tanto da non ricordare più il numero delle volte che l’ho ordinato.

Chicken Berry Pulao

 

L’iconico ristorante Soda Bottle Opener Wala, è uno dei due posti in India famoso per la qualità di questo piatto. Inutile dire che alla loro succursale a New Delhi io ci andassi spessissimo e che, immancabilmente, chiedessi questo piatto. In versione vegetariana. Col montone. O questa, con il pollo.
L’altro posto in cui questo piatto è famoso, è il Britannia a Bombay, simbolo indiscusso della cucina e cultura Parsi.
Ovviamente le ricette sono segrete.
Ovviamente il mio non è identico al loro.
Ma si avvicina talmente questa volta, dopo varie prove, che posso dirmi soddisfatta.

 

La cucina dei Parsi indiani è una delle mie preferite. Sì perchè in realtà la cosidetta cucina indiana non esiste, ci sono tantissime cucine indiane e quella che arriva a noi in Europa è, tendenzialmente quella del Nord o un mix di qui e di li. Del resto, l’India, va ricordato, è un sub-continente e ha popolazioni e culture molto diverse tra loro, da Nord a Sud, da Est a Ovest.

Il popolo Parsi arrivò dalla Persia stabilendosi in India al tempo dell’arrivo e invasione degli arabi. Sebbene abbiano mantenuto la loro cultura e religione Zoroastriana, le loro tradizioni alimentari si sono fuse con quelle indiane per dar vita a una cucina unica nella sua ricchezza.

Oggi la più grande comunità Parsi dell’India vive a Bombay, ma piccole comunità sono presenti anche a New Delhi e Bangalore.

Una curiosità, i cognomi Parsi finiscono spesso in Walla, che vuol dire “colui che fa”, riferito a mestieri e professioni. Soda Bottle Opener Walla è dunque un nome ironico su quest’uso, venendo a significare, “Colui che apre le bottiglie di gazzosa” 🙂

Pulao, Pela, Pilav, Pilau, Pelau, Pulaav, Palaw, Palavu, Paolv, Polov, Polo, Polu, Fulao, Fulaax, Fulav, Fulab…Pilaf e alcuni sostengono che anche Paella, sono tutti nomi che derivano dallo stesso piatto persiano che ha preso caratteri e connotazioni diverse nei paesi in cui è approdato, ma che ha sempre conservato un’identità ben precisa.

In India, il Pulao viene spesso confuso, anche dagli stessi indiani, con un’altra preparazione a base di riso: il Biryani.  Arrivato anch’esso dalla Persia, portato più tardi dall’Impero Moghol, che ha dominato l’India dal 1526 al 1857.
Mentre il Biryani è il piatto sfarzoso delle feste, Il Pulao è più umile e da tutti i giorni. La differenza sostanziale risiede nella cottura del riso e nell’uso delle spezie. Nel Biryani il riso riceve una cottura previa, mentre nel Pulao, il riso cuoce insieme agli altri ingredienti. Inoltre, il Biryani è molto più speziato ed elaborato, i suoi ingredienti vengono stratificati a regola d’arte e poi riceve una cottura in Dum, cioè, la pentola viene sigillata con un impasto di acqua e farina per essere poi cotto a fuoco lento.
Di Biryani ne parleremo più in là, sicuramente.

La lista degli ingredienti può spaventare, ma il Pulao è in realtà molto più semplice del complesso Biryani. Infatti, è un piatto da tutti i giorni.
Qui, la carne viene cotta prima e poi si aggiunge il riso e il tutto cuoce insieme. Essenzialmente il pulao è un piatto da una sola pentola, che usa il metodo di cottura del riso per assorbimento.
Comparato al Biryani, è un piatto umile non solo in termini di facilità di preparazione e di complessità della tecnica, ma anche per la quantità di spezie. Il Pulao usa meno spezie intere, spesso insieme a frutta secca, per arricchirne il sapore.

Chicken Berry Pulao
(riso Indo-Parsi con pollo)

 

 

vi serve:

Per 4-6 persone

500 g di petto di pollo tagliato a cubetti tipo spezzatino
30 g di zenzero fresco
30 g di aglio
1 cucchiaino di semi di coriandolo in polvere (meglio se indiano)
1 cucchiaino du cumino
1 cucchiaino di curcuma in polvere
1/2 cucchiaino di pepe nero di mulinello
1/2 cucchiaino di peperoncino in polvere

1 bastoncino di cannella
5 bacche di cardamomo schiacciate
3 chiodi di garofano
1 foglia di albero della cannella (detto anche alloro indiano)

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
3 cipolle rosse

300 g di riso basmati
3 cucchiai di latte
1 pizzico di pistilli di zafferano

80 g di barberry (berberis), sostituibili con cranberries
1 cucchiaino di miele
1 manciata abbondante di anacardi

ghee e/o olio di arachidi, per cucinare e per friggere
sale

foglie di coriandolo o di menta, per decorare (opzionali)

Frullate lo zenzero e l’ aglio pelato insieme a un po’ d’acqua per ottenere una pasta liscia e omogenea.
Mescolate questa pasta, il cumino, il coriandolo, la curcuma, il pepe e il peperoncino con il pollo e mettete in frigo per almeno 4 ore, o meglio se tutta una notte.

pollo. chicken berry pulao

Affettate le tre cipolle, tenendone una da parte.

In una pentola capiente, con il coperchio che chiude bene, scaldate del ghee (o dell’olio) e fateci soffriggere le spezie intere (cannella, cardamomo, chiodi di garofano) smuovendole spesso e avendo cura di non bruciarle.

A questo punto, aggiungete le due cipolle affettate, abbassate leggermente la fiamma, aggiungete un pizzico di sale e lasciate cuocere una ventina di minuti, fino a farle caramellare, colorire, ma non bruciare.

Aggiungete il pollo, mescolate bene, aggiungete la foglia di cannella, il concentrato di pomodoro, il sale e coprite d’acqua. Portate a bollore, poi abbassate il calore al minimo e lasciate cuocere lentamente fino a che il pollo risulterà ben cotto, molto morbido, ma non sfatto. Circa un’ora.

Mettete il riso basmati a bagno in acqua fredda abbondante per 45 minuti.

Scaldate il latte e lasciateci lo zafferano in infusione, coperto.

Mettete i barberries, o le cranberries a bagno in sufficiente acqua bollente da coprirle e scoglieteci dentro un cucchiaino di miele. Lasciate macerare per 20 minuti, poi scolate.

In una piccola padella, scaldate dell’olio di arachidi e friggete la cipolla affettata rimasta, fino a che sia bella dorata e croccante. Mettetela su carta assorbente da cucina e tenetela da parte.

 

In un’altra padellina, o nella stessa, eliminando l’olio, scaldate del ghee, fondetelo e friggeteci gli anacardi fino a dorarli. Poi, soffriggeteci il barberries. Mettete entrambi da parte.

Ora, scolate il riso e sciacquatelo bene.

Se volete usare la cottura dum: impastate acqua e farina necessaria per creare un salsicciotto di pasta abbastanza grande e lungo da poter sigillare il coperchio della pentola.

Aggiustate il pollo di sale, se necessario. Versateci sopra il riso e, qualora fosse necessaria, acqua giusto a coprire il riso. Versate sul riso il latte e lo zafferano in modo da creare delle chiazze.

Mettete un foglio di alluminio a coprire la pentola e, quando questo si “gonfia” dal bollore, coprite col coperchio, abbassate il fuoco al minimo e cuocete 10-15 minuti.

Lasciate riposare fuori fuoco per altri 10 minuti, apritelo, decoratelo con la cipolla fritta, i barberries e gli anacardi e servitelo subito, decorate, se volete, con foglioline di coriandolo o di menta.

Raita e Yogurt sono gli accompagnamenti più tradizionali del Chicken Berry Pulao.

 

Note:

I semi di coriandolo indiani (dhania) sono di colore più chiaro, forma più appuntita e gusto molto più agrumato, dolce e forte del nostro coriandolo mediterraneo. Sebbene sarebbe meglio usare il dhania nei piatti indiani, potete sostituirlo con quello più comune.

A sinistra: semi di coriandolo indiano A destra: semi dicoriandolo mediterraneo, da noi più comune

 

La foglia dell’albero di cannella, è detta sul posto “alloro” ma in comune al nostrano non ha nulla. Se non riuscite a procurarvelo, non sostituitela con il nostro alloro, piuttosto, omettetela.

Per il pollo, potete anche usare altri pezzi, un pollo fatto a pezzi, o cosce. Nel mio ristorante preferito era sempre così, dissossato

Il segreto della riuscita del chicken berry pulao è la cottura del riso. Questo deve risultare sgranato e per niente bagnato. L’ammollo in acqua, il risciacquo e la quantità di liquido presente in pentola, sono i fattori principali. I tempi di cottura, ahimé, possono variare dipendendo dalla qualità del riso. Il primo Biryani fatto in Francia fu una scotta delusione e ci ho dovuto, piano piano, farci la mano.

 

Filed Under: Dal Mondo, India, Piatti unici

LA torta di mele che sveglia gli spiriti in cucina

13 Maggio 2020 by Ele 12 Comments

 

L’abbiamo tutti una ricetta di torta di mele.
Magari su un quaderno ingiallito dal tempo, dalle impronte digitali di burro e ricordi di farina incollati.

 

torta di mele

 

O su un libro, vecchio e nuovo, con un segnalibro per averla sottomano. O sul computer, sul telefono, su documento word, da copia incolla, tradotto da chissà che lingua; o ancora una che sia la somma di tante ricette provate, esperimenti ed errori.
Insomma, probabilmente una ricetta torta di mele l’abbiamo tutti, da qualche parte.

Personalmente ne ho provate tante. Quella bellissima vista in rete, da un’amica. Quella magica, quella invisibile, quella allo yogurt al limone ao greco. La torta di mele dell’ultimo libro comprato, quella d’autore o quella strana che fammela provare. Ottolenghi, Nigella, Diana Henry, Tessa Kiros, Nigel Slater, sono passati tutti con le loro ricette, in qualche mia cucina, da qualche parte nel mondo dove ho vissuto.

Eppure è sempre qui che torno.
La torta che sveglia tutti gli spiriti della cucina.
Sempre da lei, come un amore pentito. O piuttosto un figlio prodigo.

 

torta di mele

 

Al momento di affettare le mele, il primo spirito si sveglia. Quando le affetto così, facendo attenzione che siano tutte di uno spessore uguale, lui sa cosa sto facendo.
La ricetta gli appartiene e, prima di lui, a sua madre. Sa anche che quando torno a questa torta è perché, in un certo modo, sto cercando lui.
Non so mai dov’è. Potrebbe spuntare da dietro le scatole di pelati, da un pacco di ziti, dal barattolo dello za’atar o dei semi di papavero. Lo spirito è imprevedibile, come lo è sempre stato anche in vita.
Stavolta è uscito fuori da sotto un pacchetto di riso, destinato a un sartù. Lo guarda, lo indica, mi sorride facendo le spallucce.
Ha gli occhi azzurri così chiari che sembrano di ghiaccio e le sopracciglia aggrottate, come chiedendosi cosa succede stavolta. O forse per dirmi che quelle mele non vanno bene, e che sto usando troppo poco zucchero o che non è capodanno.
Rimane in silenzio, però. E così anche io, che i suoi silenzi e le sue maree li porto dentro da sempre, per sempre. In fondo lo sa cosa succede, non ha bisogno di parole.
Vorrei passargli il coltello, vorrei che la torta stavolta la facesse lui, come ai vecchi tempi.
Tra l’altro, anche il coltello Laguiole che sto usando gli apparteneva. L’ho portato via dalla cucina gialla e blu insieme ad altre piccole cose.
Non parla eppure a me sembra di sentirlo. Lo zucchero è poco, la cannella nelle mele non va, solo sopra, chiudo un occhio per le mele che son locali, almeno. Metti un po’ più di sale. Un pizzico o anche due, è scritto sull’originale.

Comincio a sbattere l’olio, con lo zucchero e le uova, a mano in una ciotola profonda. Lui è sempre lì, i ricordi affiorano. Di quando la faceva per me e non sempre era capodanno. Dei fine settimana di autunno e di quella ragazzina con i capelli vedi che lui ha salvato da sé stessa. Dei libri, dei quaderni di poesie, delle storie raccontate e di quelle ancora da raccontare.

Prima che aggiunga la farina, un altro spirito si fa avanti, appena uscito da uno dei barattoli di miele della dispensa alle mie spalle. Ha gli occhi blu, lo sguardo serio. Si compiace che abbia dimezzato lo zucchero. Non parla neanche lui, sta lì a guardare. Lui, della torta, ne vorrebbe una fetta. A me sembra che manchi un po’ di miele dal barattolo, forse mi sbaglio.

Quando la metto a cuocere, per qualche ragione a me sconosciuta, mi siedo per terra, sul tappetino che ho davanti al forno. Non lo faccio mai.
A quel punto, so che sono tutti lì. C’è anche lei, dagli occhi scuri e il sorriso come il mio, che questa torta deve averla fatto centinaia di volte, pur non amando mangiare i dolci. Anche un’altra, che viene poco, ha gli stessi occhi chiarissimi del primo spirito. Deve aver riconosciuto la torta. Mi accorgo che sulla porta ce ne sono anche altri due, che esitano ad entrare, hanno paura di disturbare. Dovrebbero sapere che sono benvenuti e che mancano da morire. Che senza di loro, io, chissà…
La torta la conoscono tutti l’hanno mangiata o fatta varie volte.

Il profumo di torta di mele invade la cucina, la casa e tutto il piccolo edificio.
Ho fatto bene a non mettere due pizzichi di sale.
Stavolta ha un paio di lacrime nell’impasto.

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La torta di mele

Non una ma LA torta di mele
Portata: Dolci, Torte
Cucina: Classica
Keyword: cannella, torta di mele
Porzioni: 12 persone

Ingredienti

per il ripieno di mele

  • 5 mele
  • 2 cucchiai succo di limone
  • 60 g zucchero
  • 1 cucchiaino cannella

per la torta

  • 250 g zucchero
  • 250 ml olio
  • 1 cucchiaino estratto di vaniglia
  • 125 ml succo d'arancia preferibilmente appena spremuto
  • 4 uova
  • 375 g farina
  • 1 bustina lievito per dolci
  • 1 pizzico sale o anche due
  • 1 pizzico noce moscata
  • cannella e zucchero semolato da spolverarci su

Istruzioni

  • Ungete e infarinate una teglia da 23 cm di diametro. Dico ungete, perché potete farlo con l'olio, il risultato non cambierà. Accendete il forno a 180°
  • Sbucciate e affettate le mele e mescolatele con lo zucchero, il succo di limone e la cannella e mettetele da parte.
  • Sbattete l'olio con lo zucchero, l'estratto di vaniglia, le uova e il succo d'arancia fin a ottenere un composto liscio e omogeneo. Adesso, incorporate la farina, il lievito, la noce moscata e il sale. Amalgamate tutto con una spatola, dolcemente.
  • Versate nella teglia un terzo dell'impasto. Ricopritelo con la metà delle mele, versate di nuovo un terzo dell'impasto e di nuovo il resto delle mele. Finite con l'ultiima parte di impasto rimasta.
  • Prima di infornare, spolverizzate la superficie con zucchero semolato e cannella, un po' a piacere, direi un cucchiaio di zucchero e un cucchiaino di cannella.
  • Infornate tra i 60 e i 70 minuti. I tempi di cottura dipendono dal forno e a volte anche dalle varietà di mele usate, alcune più acquose richiederanno un tempo di cottura maggiore della torta. Anche se non le avete scolate bene dal liquido formato, la torta mettera più a cuocere. La prova stecchino è altamente consigliata.

Note

La ricetta originale prevedeva 400 grammi di zucchero. Sembrerebbe moltissimo, ma se si compara al peso della farina in realtà non lo è. È una ricetta che ha molti anni e che probabilmente è nata usando le prime mele dell'anno, sempre un po' acide, stando a quanto mi hanno raccontato. Con 400 grammi di zucchero la ricetta funziona benissimo e per anni l'ho fatta con quelle proporzioni. Con le mele più dolci coltivate nella regione in cui vivo, ho ridotto drasticamente lo zucchero, senza che il sapore ne risenta molto.

 

Filed Under: Cucina Ebraica, dolci, torte Tagged With: cannella, mele

Pho vietnamita, cassia, coriandolo e amiche che cucinano insieme.

20 Marzo 2020 by Ele 4 Comments

Pho vietnamita, nella sua versione di carne, dalla città di Hanoi.

Lo so che siete chiusi in casa e che gli ingredienti di questa zuppa non sono facili da trovare.
Salvatela per il futuro o cercate ciò che vi manca in rete, se volete qualcosa che vi riscaldi e vi dia conforto in questo periodo.

 

Non sono mai stata in Vietnam. In realtà era uno dei miei programmi, una di quelle cose “da fare” prima di lasciare l’India e che sono finite nel cassetto del forse un’altra volta, o in un’altra vita.
Tuttavia uno dei ricordi più belli e vivi che ho di New Delhi è legato al Vietnam.
Ambasciata del Vietnam, tutti i mercoledì a mezzoggiorno.
Una specie di mensa improvvisata. La chiamavano canteen e servivano un solo piatto. Il Pho bo di Hanoi. Come si procurassero la carne di manzo, resta un mistero.
A pranzo, sì, anche se, a alcuni sorprenderà, in Vietnam è cibo da colazione.
Cercavo di non perdermelo. L’aria profumata di brodo di carne speziato, il silenzio regnante e le persone, perlopiù vientamite, armate di bacchette in una mano e cucchiaio nell’altra.
Aromi e sapori che ho cercato di replicare senza successo, qualcosa mancava, sempre.
Fin quando mi è venuto in mente di chiedere la ricetta.
A chi, se non ad Annalena?
Generosa come poche persone ormai, ha condiviso la sua ricetta del Pho bo di Hanoi senza esitare.
In contemporanea, lo stesso giorno, ci siamo entrambe messe in cucina allo stesso tempo, a preprare il Pho vietnamita.
Io quello di Hanoi che tanto mi mancava, lei quello di Saigon, che troverete in contemporanea nel suo blog.
Cucinare insieme, nello stesso momento, lo stesso piatto in versioni diverse.
In un periodo in cui non si può mettere il naso fuori è stato come connettersi ed essere presenti, una nella cucina dell’altra.

Da Annalena troverete anche tutti i cenni storici e altre curiosità su questa zuppa. Perchè come sa raccontare lei il cibo, nessuno mai.

Pho Vietnamita

Invece io vi parlo delle spezie.
Soprattutto delle due che qui fanno una gran differenza.
Cassia e Coriandolo.
Dovete sapere che la cucina asiatica si basa su un equilibrio di dolce, acido, salato, pungente e piccante.
Dovete anche sapere che il segreto del Pho, consiste nella qualità e freschezza di ognuno dei suoi ingredienti. La carne, prima di tutto, e poi le spezie e le erbe.
Se riuscite a trovare la cannella di Saigon, detta anche cassia vietnamita (Cinnamomum Loueirii) siete a metà dell’opera. È venduta solo in stecche perchè è molto dura e il suo aroma è intenso, estremamente dolce e complesso, quasi piccante. È l’ingrediente chiave e imprescindibile del Pho.
Più informazioni sulle differenze tra le varie cassia e cannella le trovate qui.
Anche i semi di coriandolo fanno la differenza. Esistono due tipi di coriandolo, quello indiano, quindi asiatico e quello Marocchino, mediterraneo, che è quello che consumiamo più frequentemente.
La differenza tra i due è notevole.
Il coriandolo mediterrraneo ha una forma tondeggiante e un aroma dolce, pungente e legnoso. Quello indiano, detto anche dhania, ha invece una forma allungata e un aroma molto più dolce e pronunciato con note agrumate e di noce. È molto più aromatico, per cui nei piatti asiatici resta caratterizzante. Naturalmente la cannella di Saigon si può sostituire con una stecca di Cassia (non cannella di Ceylon, però) e il coriandolo asiatico con quello mediterraneo, ma le note aromatiche nel Pho vietnamita cambieranno.

Ringrazio Annalena, di avermi dato questa ricetta che è risultata proprio come la ricordavo e con il sapore che ricercavo da tempo. Granzie anche per questa connessione, in un’epoca in cui i rapporti umani vanno coltivati più che mai.
Datevi la mano a distanza e unitevi virtualmente a cucinare. Qualsiasi cosa.
Cucinare è terapeutico in questi tempi di stress e farlo in compagnia lo è ancora di più.
Vi farà bene.

pho vietnamita
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Pho bo di Hanoi

Zuppa vietnamita, nella versione di carne.
Portata: Zuppe
Cucina: Vietnamita
Keyword: cassia, coriandolo, pho, zuppa vietnamita

Ingredienti

Per il brodo

  • 1 Kg ossa di manzo
  • 350 g muscolo o 1,5 kg di stinco o coda
  • 2 cipolle
  • 2 gambi di sedano io non li ho messi
  • 2 carote
  • 2 spicchi d'aglio
  • 40 g galanga fresca (o zenzero)
  • 2 stecche di cassia
  • 10 bacche di cardamomo io ne ho messe 4
  • 4 stelle di anice (stellato)
  • 6-8 chiodi di garofano
  • 1 cucchiaino pepe nero in grani
  • 1 cucchiaino semi di coriandolo
  • 10 foglie di keffir lime ne ho messe 5
  • 2 cucchiai di salsa nuoc mam

Per servire

  • 250-300 g bahn po oppure ho fun o 450 g di tagliatelle di riso fresche
  • 200-300 g polpa o girello di manzo
  • 100-150 g germogli di soia
  • 5-6 cipollini più, eventualmente, una cipolla
  • 4-6 foglie di lattuga
  • 2 lime
  • 1 mazzetto di coriandolo fresco
  • 1 mazzetto di menta fresca
  • 1 mazzetto di basilico thai o nostrano rosso io non avevo nessuno dei due
  • 4 peperoncini rossi freschi io due
  • salsa hoisin io non l'avevo
  • salsa tuong ot io, siracha thailandese

Istruzioni

  • Per il brodo, scottate le ossa per 10 minuti in acqua bollente, scolatele, raffreddatele sotto l'acqua corrente e mettetele in una paentola capiente con il muscolo.
  • Unite le cipolle tagliate in quattro, sedano e carote a tocchetti, aglio e galanga leggermente pestati, tutte le spezie e coprite infine con 3 litri d'acqua fresca.
  • Portate a bollore e cuocete coperto a fiamma bassa per 3 o 4 ore, schiumando se serve. Togliete il muscolo dalla pentola dopo due ore e fatelo raffreddare lentamente avvolto in alluminio. A fine cottura, filtrate il brodo. Usatelo subito o conservatelo 24 in frigo o 1 mese in congelatore.
  • Scottate i noodles in acqua bollente per qualche minuto, poi raffreddarli sotto l'acqua corrente.
  • Tagliate la lattuga a stiscioline, i cipollini e i peperoncini a fette oblunghe e sottili. tagliate i lime a spicchi, poi tritate o dividete in foglie le erbe. Se usate la cipolla, tagliatele a rondelle sottilissime e lasciatela 20 minuti a bagno in succo di lime. Disponete tutto su un piatto da portata, tenendo da parte i peperoncini, separandoli in una ciotolina.
  • Tagliate a dadini la carne cotta e quella cruda a carpaccio. Per quest'operazione, aiuta tenerla una mezz'ora in congelatore, prima di tagliarla. Versate le salse in due ciotoline da tavola con cucchiaini.
  • Riportate il brodo a bollore, unite la salsa nuoc mam e regolare di sale a piacere.
  • Dividete nelle ciotole individuali i noodles, la carne cotta e quella cruda. Versateci sopra il brodo in due o tre riprese in modo che la carne cruda si sbianchisca leggermente. Servite subito bon bacchette e cucchiaio, mettendo al centro del tavolo il piatto con le erbe, le salse e un macinino di pepe nero, in modo che ognuno possa servirsene a piacere.

Filed Under: Dal Mondo, Piatti unici, Vietnam, zuppe

Couscous alle radici. Il primo inverno.

4 Marzo 2020 by Ele 8 Comments

Un couscous alle radici.
Da metà febbraio il mio giardino si sta riempiendo di violette e piccole margherite. Sembra che la primavera voglia irrompere bruscamente in questo nostro primo inverno “a casa”.
Prima che finiscano l’inverno e le radici, vorrei raccontarvi di questo couscous.
Dopo otto anni a vagare tra il Nord Africa e l’Asia, questo è il primo vero inverno che attraversiamo.
Non è stato un inverno particolarmente freddo, ma per me, abituata a temperature decisamente diverse, è stato un periodo di acclimatizzazione.
Anche in cucina.
Ho ritrovato sapori invernali che avevo quasi dimenticato. Diverse varietà di zucca e la verza, mai vista altrove che in Europa.
Poi carote colorate e diversi tipi di radici e tubercoli. Ho ritrovato i miei amati topinambur.

couscous alle radici

 

Vorrei scrollarmi il freddo di dosso. E allo stesso tempo trattenere i colori.
Vorrei poter esprimere quel che sento attraverso le parole, descrivere il cibo, ma stavolta gli ingredienti parlano per me.

C’è qualcosa di straordinario nelle radici e in tutte le verdure che crescono sotto terra.
C’è della poesia, per chi sa leggerla. O forse, ognuno di noi è semplicemente attratto da ciò che non ha.
Radici.

Le radici hanno sempre catturato la mia attenzione culinaria, quando ne ho avute a disposizione. Nel profondo inverno, sono le sole verdure realmente di stagione, perchè le uniche abbstanza ostinate e tenaci da poter essere conservate e sopravvivere al buio. Coperte di sabbia o segatura. E ancora uscirne offrendo delicate sfumature di sapore, colore e nutrimento. Storte, informi, imperfette. Eppure…
Sono attratta dalle radici probabilmente perchè in fondo mi somigliano.
Aspettando la primavera, continuano a essere presenti nella mia cucina, e io continuo a cercavi poesie e nutrimento.
In pieno inverno, vago alla ricerca del calore delle spezie e mentre la terra gela, sapere che qualcuno ha conservato delle radici per me, sin dalla fine dell’autunno è riconfortante.

 

 

In questo couscous alle radici, queste sono arrostite al forno, metodo che le rende ancora più dolci. E se vi piacciono le spezie, allora questo piatto fa davvero per voi.
Curcuma, cannella e zenzero sono le spezie che tradizionalmente si usano nel couscous de venerdì in Marocco, almeno a Meknes.
Dimenticatevi del “mix coucous”, è fatto solo per turisti.
La paprika è un tocco in più, sentivo che ci voleva, per equilibrare il tutto.

 

couscous alle radici

 

È un piatto versatile, potete cambiate le quantità secondo ciò che avete a disposizione. Più carote, una patata dolce, o un paio di patate comuni. Il sedano rapa ci starebbe benissimo e, anche se non è una radice, la zucca avrebbe un suo perchè in questo couscous.
In realtà la zucca ha sempre un suo perchè, nel couscous.

 

 

Ispirato e liberamente tratto dal “Ultimate Winter Couscous” di Yotam Ottolenghi, da Plenty.
E un po’ da tutti i couscous mangiati durante i nostri quattro anni in Marocco.

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Couscous alle radici

Ingredienti

  • 4 carote medie tagliate a pezzi di 2 cm, circa
  • 2 pastinache medie tagliate a pezzi di 2 cm circa
  • 2 rape tagliate a pezzi di grandezza simile alle carote
  • 4 topinambur sbucciati e tagliati a pezzi di grandezza simile
  • 6 scalogni sbucciati
  • 2 foglie di alloro
  • 4 cucchiai olio extra vergine d'oliva
  • 1 cucchiaino zenzero in polvere
  • 1 cucchiaino curcuma in polvere
  • 2 bastoncini di cannella
  • 1/2 cucchiaino paprika
  • 1 pizzico di scaglie di peperoncino
  • 200 g ceci cotti
  • 350 ml acqua di cottura dei ceci o acqua
  • 170 g couscous
  • 250 ml brodo vegetale bollente
  • 1 manciata foglie di coriandolo fresco
  • sale e pepe

Istruzioni

  • Accendete il forno a 190°C. Mettete tutte le verdure in una pirofila che possa contenerle tutte e aggiungete le spezie, l'olio e massaggiate bene in modo che tutte le verdure siano ben impregnate. Infornate per 45 minuti, o fino a che le verdure siano tenere, ma ancora al dente.
  • Aggiungete i ceci e l'acqua di cottura e riportate in forno ancora per una decina di minuti.
  • Mentre le verdure sono quasi pronte, mettete il couscous in una ciotola capiente e resistente al calore, e versatevi il brodo bollente. Coprite la ciotola e lascite riposare per 10 minuti, dopodichè, sgranate il couscous con una forchetta.
  • Per servire, mettete il couscous in una ciotola grande, Versate le verdure nel centro del couscous e decorate con le foglie di coriandolo.

Note

Le radici sono intercambiabili. Potete usare anche patate, patate dolci, rutabaga, o solo carote e rape.
Il coriandolo volendo è opzionale. Potete sostituirlo con del prezzemolo o non metterlo proprio.

Filed Under: Piatti unici, vegano

Ash-e-Reshteh la zuppa Iraniana per un nuovo inizio

14 Febbraio 2020 by Ele 10 Comments

Ash-e-Reshteh.

La prima ricetta del nuovo blog. Non è stato facile sceglierla.
Doveva essere qualcosa che mi somigliasse.

Qualcosa d’ importante, per festeggiare.
Una ricetta dal significato profondo, simbolico.
Un ricordo.
Poteva essere qualcosa di molto speziato, qualcosa di ebraico, o che ricordasse l’America Latina.
Poteva essere una challah. Gli spiriti della cucina avrebbero approvato. Tutti. All’unanimità.

Invece no.
C’è tempo per far piacere agli spiriti. Oggi mi va di celebrare la vita.

Mi sento trasportata in una cucina dai vecchi armadi rivestiti di formica gialla e blu. Un giorno di inizio settembre. Fa caldo e l’aria che profuma di Mediterraneo entra dalla finestra. Io non posso uscire, non mi tengono le gambe, ancora. Ho la sensazione che il mondo mi sia crollato addosso, le persone intorno a me parlano una lingua che non capisco. Poi mi sorridono.
Nel mio stato confusionale, ricordo ora che le parole che sentivo di più ripetersi in quei momenti, erano “andrà tutto bene”. Le ho imparate anche in ebraico. In arabo. E in Farsi.

Hakol yihiye beseder

Kl shay saykon ala mauram

Hame chi khoob smishe

(o qualcosa del genere)


Ho ricordi confusi di quei giorni. Tuttavia quel momento lo rammento bene. In quella cucina, a un’ora poco conveniente, sono seduta per terra con una ciotola fumante di Ash-e-Reshteh tra le mani. Il sapore dell’aneto cotto, che non ho mai amato, questa volta è diverso.
Mi piace. Tutte le erbe, gli spinaci, il calore sulle mani e dentro di me, mi conforta. Anche se fa caldo.
È la prima cosa che ricordo aver mangiato dopo un percorso affaticante.
La prima volta ho avevo fame, dopo mesi. 

Alle due del mattino ero seduta a terra in una cucina vintage, con le gambe incrociate, una zuppa tra le mani e mi sono sentita meglio.
Per la prima volta dopo tanto tempo avevo voglia di mangiare e di parlare di cibo. Avevo voglia di ascoltare tutto qu quella zuppa.
È strano come nulla accade per caso.

Gli iraniani usano mangiare i reshteh (tipo di pasta simile a tagliolini) prima di intraprendere una nuova avventura.
Per loro simbolizzano la scelta del giusto percorso da imboccare, tra tutti quelli che la vita ci mette davanti, spesso in groviglio. Ancora, i reshteh, si crede, portano fortuna, rendendo profiqua ogni nuova impresa. Per questo l’Ash-e-Reshteh è tradizione mangiarla a capodanno.

Per me, è stato semplicemente l’inzio.
La vita dopo la morte.
La prima conferma di quegli “andrà tutto bene”.
Oggi che so che tutto sembra davvero essere andato bene, riparto con questa zuppa.

Involontariamente, l’ Ash-e-Reshteh è stato anche il primo piatto al quale ho fatto una foto, al ritorno dal tunnel del dolore e del silenzio. Da quando ho imparato a farla, questa zuppa torna spesso sulla nostra tavola, ogni volta diversa, a seconda dei legumi che ho in dispensa. Con erbe fresche, secche, o miste. A volte con la menta, a volte senza, come questa.

ash-e-reshteh

Ovviamente, ne esistono diverese versioni come cuochi che la preparano. Qui trovate un’altra meravigliosa versione, Persiana DOC. Con qualche nozione in più sulla zuppa.
Ne trovate una anche Qui, forse meno tradizionale in qualche ingrediente, ma molto buona, eseguita in tempi non sospetti.

Io invece stavolta l’ho fatta così:

ash-e-reshteh
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Ash-e-reshteh

Zuppa di legumi iraniana
Porzioni: 6 persone

Ingredienti

  • olio vegetale
  • 1 cipolla tritata
  • 3 spicchi d'aglio schiacciati e tritati
  • 150 g ceci secchi messi a bagno un giorno prima
  • 150 g fagioli rossi secchi messi a bagno un giorno prima
  • 150 g lenticchie
  • 1 cucchiaino pepe
  • 1 cucchiaino curcuma
  • 1,5 litri brodo vegetale o di più, se necessario
  • 200 g di reshteh (pasta persiana) o tagliolini
  • 1 gran bouquet di erba cipollina tritata
  • 1 gran bouquet di aneto fresco tritato
  • 1 gran bouquet di prezzemolo tritato
  • 1 kg spinaci freschi tritati, o a listarelle
  • sale

per guarnire

  • olio per friggere
  • 2 cipolle affettate a mezza luna
  • 1 cucchiaio colmo farina
  • 1 cucchiaino sale
  • 100 g yogurt greco o panna acida molto densa*

Istruzioni

  • In una pentola capiente, scaldate l'olio, aggiungete la cipolla e l'aglio e fate soffriggere a fuoco medio fino a far dorare. Aggiungete i fagioli e i ceci, il pepe e la cucrcuma, coprite con il brodo, portate a ebollizione e lasciate cuocere a fuoco medio-basso finchè i legumi saranno teneri. Aggiungete le lenticchie e cuocete ancora finchè anch'esse saranno cotte.
  • Condite con sale a vostro gusto e aggiungete la pasta. Portate a ebollizione e lasciate cuocere ancora una decina di minuti.
  • Intanto, preparate la guarnizione. Spolverizzate le cipolle di sale e farina. Scaldate l'olio e friggetele fino a che siano dorate e croccanti. Lasciatele asciugare su qualche foglio di carta assorbente o su uno strofinaccio di cucina pulito.
  • Quando la pasta sarà cotta, aggiungete tutte le erbe e gli spinaci, cuocete due minuti e poi coprite e tenete in caldo fino all'ora di servire. Aggiungete altro brodo se necessario, per ottenere la consistenza più o meno brodosa, a vostra convenienza.
  • Servite la zuppa, con una generosa cucchiaiata di panna acida o yogurt greco e la cipolla fritta.

Note

Potete usare anche legumi in scatola, se lo preferite. Una lattina di 400 grammi di ognuno, andrà benissimo. Potete anche variarli, usare altri tipi di fagioli, quelli con l'occhio, per esempio, o bianchi. Lenticchie rosse, verdi, nere. Anche piselli spezzati, verdi o gialli.
*In realtà ci vorrebbe il kashk. È un prodotto iraniano, derivato dalla fermentazione e concentrazione del siero di latte. Somiglia come sapore un po' al jameed mediorientale e aggiunge un aroma pungente e umami lì dove lo si usa.

Filed Under: Dal Mondo, Iran, Persia, vegetariano, zuppe

Storie da mangiare

10 Febbraio 2020 by Ele 35 Comments

Ho ricominciato a cucinare e a scrivere in un momento in cui mi sono resa conto di essere uscita da una grotta stretta e buia.
Insieme alla luce, in una cucina bianca e grigia, sono tornati anche gli spiriti, quelli soliti, che sussurrano parole, ingredienti e gesti da tempo immemore, in lingue diverse. In realtà non so se sono tornati loro o sono io che, presa da una lotta contro me stessa, avevo smesso di ascoltarli.
Ho ricominciato a cucinare e a scrivere in quel momento in cui mi sono sentita a casa, su un suolo stabile, senza più aerei da prendere a sorpresa, senza più corse con il cuore in gola.

Metti anche un ritorno a dei prodotti genuini e tracciabili, al cibo degno di questo nome, ai mercati contadini e produttori locali. E al cibo di stagione, poterlo scegliere, saper aspettare.

Quando ho finito di sistemare le spezie nell’armadio della nuova cucina in Francia, ho deciso che era ora di ricominciare a cucinare. La priuma cosa che ho fatto, è stata una semplice crostata di mele. Mele appoggiate su uno scrigno di frolla, spolverizzate di zucchero grezzo e cannella di Ceylon. Nulla di speciale, al primo colpo d’occhio e invece… avrebbe avuto tanto da dire, da raccontare, quella semplice crostata.

È nato così, Storie da mangiare. Da una non ricetta che avrebbe voluto parlare. Da due mani che ritornavano a cucinare e che volevano anche tornare a scrivere. Per sè. Senza pretese.

Vorrei pensare a Storie da Mangiare come un posto dove venire a riposarsi o ascambiare due chiacchiere. Senza pretese. Senza la caccia ai like. Senza la corsa al follower. Con le foto anche fatte al volo dal cellulare, se non ho voglia di prendere la macchina fotografica e se ho comunque qualcosa da dire. Gli ingredienti, le ricette e le parole, parleranno più delle immagini.
Perchè così sono io, fatta di parole.

Storie da Mangiare comincia vuoto, perchè è un nuovo inizio. Incompleto, spoglio, camminerà piano, seguirà il mio ritmo, che non può ancora accellerare più di tanto.
Lo riempirò di profumi, ingredienti, spezie e libri. E di storie da mangiare, con ricette da raccontare.
Spero non deludervi. Soprattutto chi mi aspettava.

A presto!

Ele

 

Filed Under: biscotti & Co., dolci, dolci al cucchiaio, libri, lievitati, muffins & cakes, pani & Co., primi piatti, quiche e torte salate, Storie da Mangiare, torte, vegano, vegetariano, zuppe Tagged With: scrittura, storie da mangiare, testi

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Ciao!

Sono Eleonora, per gli amici Ele. Giornalista gastronomica di professione, nomade giramondo per amore. Porto con me le papille ben sveglie all'andata e spezie varie al ritorno.
Sono cresciuta in una famiglia in cui si mangiavano sempre gli stessi piatti a rotazione, senza nessuna innovazione ammessa. L'unica spezia presente negli armadi di cucina era il pepe; oggi credo che avesse più profumo la polvere sopra, che quella dentro il barattolo, entrambe dello stesso colore. leggi ancora...

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